Con lo sviluppo del giardino si sono sviluppate anche delle sensibilità cui non avevo pensato; nel tempo infatti si apprezza sempre di più la bellezza, la voglia di condividere e non di insegnare, di mettere e mettersi a disposizione e questo è un aspetto che meriterebbe tanti approfondimenti.
Nella mia ricerca di soluzione dei problemi incontrati, mi è capitato di vedere un video ( https://www.raccontieortensie.it/formazione-e-educazione-edu/ ) in cui la psichiatra illustrava la tecnica del giardiniere come metodo di sviluppo della personalità dei bambini e ne sono rimasto affascinato. Ho poi scoperto che l’uso di queste “terapie” sono pratiche conosciute e che la mia sorpresa, era dovuta solo alla mia ignoranza.
Poi ho avuto la fortuna di incontrare un gruppo di operatori di una Residenza modenese per persone con disabilità e il prof Ciro Ruggerini, un autorevole neuropsichiatra infantile mi ha spiegato meglio il “valore sociale” del giardinaggio e degli strumenti che avevo predisposto perché, mi ha detto: il giardino in questi casi ha un’anima della quale bisogna tener conto.
Ho capito in questi incontri cosa intendeva dicendo che “il giardino ha un’anima” e che l’aspetto sociale è parte dell’anima e va di pari passo con il concetto di “prendersi cura” attraverso una organizzazione che diventi inclusiva.
Un giardino di qualità (non il più grande e/o più bello) ha i requisiti per andare in questa direzione per le logiche con cui deve essere implementato, le competenze che deve aver maturato e gli strumenti che deve predisporre (strutture con spazi e banchi in cui lavorare, il manuale della qualità con tutte le informazioni e procedure per imparare a lavorare disponibile in rete, i corsi di formazione on line ecc.).
Noi abbiamo fatto questo nella prima parte di questo percorso e ora ci poniamo l’obiettivo di andare in questa direzione.